Si sono concluse, altre sono in corso, numerose ricerche finalizzate a comprendere le trasformazioni del terzo settore alla luce degli effetti della pandemia e a scattare una fotografia di un mondo sempre più ampio di piccole e grandi organizzazioni che riflettono i bisogni sociali, molto meglio di qualsiasi analisi economica dedicata al territorio. Censis insieme a Fondazione CRT ci dice che al netto di tutte quelle realtà attive in ambito welfare, culturale e sportivo che hanno maggiormente sofferto, buona parte delle entità dedite alla protezione civile e ambientale si sono innovate, strutturate e hanno fatto tesoro di un’esperienza che potrà essere utilmente replicata. Certo la forte riduzione di ricavi ha impattato su tutti ma in molti è sorta la volontà di innovare e trovare valide alternative per continuare a restare a galla. Pur essendo no profit, si sono attivate come realtà profit. Come tali, anche chi opera nel terzo settore ha bisogno, ora più che mai, di un piano di gestione, di attività di marketing e di un’appropriata comunicazione per trasferire i propri valori e l’efficacia della sua attività in modo trasparente e univoco. In questo modo è possibile attrarre finanziamenti e donazioni.
Dunque via libera a comunicazione digitale, sito web, social media, storytelling, video produzione ecc. partendo da un’analisi del target che con la pandemia potrebbe aver visto ridursi le proprie capacità economiche e con questo potrebbe rivedere la propria propensione alla donazione. Da alcuni anni anche il neuromarketing ha un ruolo importante nel testare e misurare l’efficacia di messaggi pubblicitari e campagne promozionali nel terzo settore. Stimolare la sfera emotiva per generare l’interesse verso una possibile donazione o verso una particolare organizzazione no profit è un obiettivo primario e in questo senso l’apporto delle tecniche di neuromarketing diventa essenziale.
Amina Picciotti
Socio Adico
Titolare Media Ambience